CENNI STORICI

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CENNI STORICI
GLI EBREI ITALIANI

UNA STORIA LUNGA DUEMILA E DUECENTO ANNI

La storia degli ebrei italiani inizia a Roma nel 168 a.C., ben prima della diaspora del 70 d.C., dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme quando arrivarono a Roma migliaia di prigionieri che si aggiunsero ai gruppi già presenti in città. Nel corso degli anni si formarono anche gruppi in tutta la penisola, a Bologna, Ferrara, Trieste, Torino e in centri minori. Nel VII secolo gli ebrei lasciarono il Regno franco-longobardo del nord per rifugiarsi al sud, dove crearono centri culturalmen­te molto vivaci, in particolare in Sicilia prima sotto gli Arabi e poi sotto i Normanni. All’inizio del Trecento c’e­rano circa 40 mila ebrei nella penisola su una popolazione di 8 mi­lioni di abitanti. Nel 1348 si diffuse in Europa un’epidemia di peste che decimò la popolazione del continente. Gli ebrei, accusati di diffonderla, furono espulsi da molte nazioni e a mi­gliaia si rifugiarono in Italia, concentrandosi in Lombardia, nel Trentino, in Piemonte, nel Veneto, in Emilia. Alla metà del Quattrocento l’Italia era divisa in pic­coli stati, parte nell’orbita papale e parte in quella imperiale, che seguivano comportamenti diversi nei confronti degli ebrei. Il clima di apertura del Rinascimento giovò posi­tivamente ai gruppi ebraici, sempre più numerosi presso alcune corti, come quelle degli Esten­si a Ferrara e dei Medici a Firenze. L’espulsione degli ebrei dalla penisola iberica, iniziata nel 1492, quando la Regina Isabella e l’Inquisizione cominciarono a perseguitarli in caso di mancata conversione al cattolicesimo, favorì l’arrivo di profughi nella nostra penisola. In quegli stessi anni il Regno di Napoli, passato sotto il dominio degli Spagnoli, costrinse gli ebrei siciliani, calabresi e napoletani a lascia­re il sud: circa 40 mila ebrei lasciarono la Sicilia, dopo una pre­senza durata quindici secoli. Il XVI secolo segnò però l’inizio di numerose restrizioni per la popolazione ebraica italiana, tra le quali la chiu­sura nei ghetti, imposta nel 1555 dal papa Paolo IV con la bolla Cum nimis absurdum (ma ad esempio a Venezia, sotto la Serenissima, venne istituito nel 1516 il primo Ghetto al mondo, e proprio da quel contesto prese origine il vocabolo “ghetto”). La segregazione durò per oltre tre secoli. Solo con la Rivoluzione francese e il passaggio degli eserciti napoleonici nella penisola italiana gli ebrei ottennero uguaglianza di diritti con gli altri cittadini. Nuovamente però persero i loro diritti con la Restaurazione che, dopo il congresso di Vienna del 1814-1815, ripristinò discriminazio­ne e segregazione. Dalla metà dell’Ottocento gli ebrei parteciparono ai moti risorgimentali. Nel1848 il Re Carlo Alberto riconobbe agli ebrei piemontesi ugua­glianza di diritti con tutti gli altri sudditi. La presa di Roma nel 1870 con la fine del potere temporale della Chiesa portò l’abolizione del ghetto, la libertà e l’uguaglian­za per tutti. Il processo di urbanizzazione che interessò l’Italia all’inizio del No­vecento indusse molti ebrei a lasciare i piccoli centri e le campagne per andare a vivere nelle grandi città, dove si dedicarono alla nascen­te industria, alle professioni liberali e alla vita pubblica. Nelle trincee della prima guerra mondiale (1914-1918) combat­terono molti ebrei come orgogliosi patrioti italiani. L’avvento del fascismo cambiò radicalmente la vita degli ebrei. La persecuzione e discriminazione iniziò nel 1938 quando Mussolini fece pubblicare il Manifesto della razza. Dal settembre dello stesso anno seguirono una serie di decreti legge sempre più restrittivi. Una parte della comunità ebraica italiana, circa cinquemila persone, scapparono dall’Italia, ma molti rimasero, vivendo tra vessazioni, violenze, umiliazioni e restrizioni, con tra l’altro l’espulsione dalle scuole e la perdita del lavoro da ogni professione. Nel giugno 1940 l’Italia entrò in guerra a fianco della Germania. L’ondata antisemita prese vigore con razzie e sac­cheggi nelle comunità ebraiche e nelle sinagoghe Fu una vera e propria caccia all’ebreo tra il 1943 e il 1945, quando furono arrestati e deportati nei campi di sterminio 8.500 ebrei. Ne torne­ranno poche centinaia. Nel nord Italia parecchi ebrei parteciparono alla Resistenza, salendo sui monti e collaborando con le formazioni partigiane. Dopo il 25 aprile del 1945 anche per gli ebrei incominciò la ricostruzione. Anche i rap­porti tra gli ebrei italiani e la Chiesa cattolica registrarono cambiamenti. Papa Giovanni XXIII, nella dichiarazione No­stra Aetate, al Concilio Vaticano II del 1965, riabilitò il popolo ebraico dall’accusa di deicidio. Il 13 aprile del 1986 Papa Giovanni Paolo II si recò in visita al Tempio Maggiore di Roma, in segno di riconciliazione con i “fratelli maggiori”. Oggi gli ebrei italiani iscritti alle comunità sono circa 30 mila. Quasi la metà risiedono a Roma e a Milano. Altri vivono in comunità di media grandezza (tra 500 e mille persone), come Torino, Firenze, Trieste, Livorno, Venezia, Genova, o in piccole e piccolissime (con poche centinaia o decine di persone), come Ancona, Bologna, Napoli.