Soncino capitale della stampa ebraica

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Soncino capitale della stampa ebraica

diede il nome ai più importanti stampatori ebrei del Cinquecento
Soncino, la Rocca © Alberto Jona Falco

A 60 km da Milano, cittadina dall’impronta medioevale sul fiume Oglio. Il nome è legato  indissolubilmente agli stampatori ebrei Soncino, ricordarti nel Museo degli Stampatori. Da visitare La Rocca, costruita da Galeazzo Maria Sforza (XV sec.). Cinta da grande fossato, muri merlati, torri angolari e cortili quadrilateri interni è spesso sede di manifestazioni culturali. Su Piazza Garibaldi si erge il palazzo porticato del Comune, con una lapide dedicata a Israel Nathan Soncino, e l’edificio con la Torre dell’Orologio. Alle spalle, Palazzo Pretorio e la neoromanica parrocchiale di Santa Maria Assunta.

Il Museo degli Stampatori è in via degli Stampatori, dove forse i Soncino avevano tipografia. In un vecchio edificio (XVI sec.) è organizzato il museo. Al piano terra è esposto in facsimile un torchio del XVI secolo e alcuni esem­pi di caratteri a stampa utilizzati dagli stampatori. Il torchio viene usato per riprodurre esemplari di fogli per i visitatori. Nelle vetrine delle sale sono esposte copie di volumi che i Son­cino realizzarono in città. Sono in lingua latina ed ebraica.

Associazione Pro Loco-Soncino Via Carlo Cattaneo 1, 26029 Soncino Cremona - tel. 0374-84883 - fax 0374-84499 - www.prolocosoncino.it  info@prolocosoncino.it

orari apertura Invernale: dal martedì al venerdì 10.00-12.00, sabato e festivi 10.00-12.30 e 14.30-17.00; estivo: dal martedì al venerdì 10.00-12.00, sabato e festivi 10.00-12.30 e 15.00-19.00).

mappa grafica soncino

LA STORIA DI QUESTI STRAORDINARI STAMPATORI EBREI

I Da Spira, ebrei di origine tedesca, a metà Quattrocento si fermarono a Soncino aprendo un banco di prestito e assumendone il nome come proprio: Soncino, appunto.  In seguito aprirono una prima tipografia tra il 1483 e il 1490 e questa divenne la loro unica attività. In sette anni pubblicarono 30 libri, tra cui la prima edizione della Bibbia completa in ebraico. Ghershom fu il più noto della famiglia. Operosis­simo, pubblicò nella sua vita 150 volumi. Tipografo attento, esigeva una stampa perfetta: per ottenerla usava inchiostri e carta raffinati, punzoni creati apposta per lui, opera del più abile incisore del tempo, Francesco Griffo da Bologna. Grazie a questi accorgimenti i suoi libri sono arrivati intatti fino a noi. Ghershom soggiornò a Soncino tra il 1488 e il 1490, poi andò a Brescia, Fano, Pesaro, Ortona, Rimini. Non gli permisero (con suo grande dolore) di lavorare a Venezia, dove operava l’olandese Daniele Bomberg. Ghershom, deluso, si trasferì a Costantinopoli. Morì nel 1534 a Salonicco. Qui suo figlio Mosè aveva aperto ancora un’altra tipografia.

LA STAMPA EBRAICA IN ITALIA: LA SUA NASCITA, LA SUA DIFFUSIONE TRA GELOSIE E MILLE DIFFICOLTÀ

Nel Quattrocento l’arte tipografica si diffuse in Italia. Con i caratteri mobili inventati in Germania nel 1465 fu stampato il primo volume. Quest’arte conquistò il mondo ebrai­co, i cui testi erano fino ad allora copiati a mano. Nel 1475 comparvero i primi due volumi ebraici a stampa a Reggio Calabria e a Piove di Sacco, presso Padova. Da quel momen­to, per oltre un secolo la tipografia ebraica, conobbe una straordi­naria fioritura. Il medico Abraham Conat lavorò a Mantova, il tintore Abraham ben Chaim da Pesaro a Ferrara. Trasferitosi poi a Bologna vi trovò una già attiva  tipo­grafia ebraica. A Roma si stampavano libri dal 1480. I I Da Spira (poi Soncino) arrivati dalla Germania in Lombardia, trovarono in Italia un’attività già vivace. . I Soncino (nuovo nome dei Da Spira che lo avevano preso dalla località) lavorarono in numerose città, portando l’arte tipografica ebraica ad altissimi livelli. A Venezia aveva il monopolio il cristiano di Anversa Daniele Bomberg, studioso di ebraismo. Lui stesso decideva cosa si doveva stampare e cosa no. A lungo osteggiata dalla Serenissima, con Bomberg la stampa ebraica ebbe uno straordinario sviluppo. A Bomberg si affiancarono altri tipografi. Il nobile Marcantonio Giustiniani nel 1545 fu il suo primo diretto concorrente, seguito cinque anni dopo da un altro nobile veneziano, Alvise Bragadini. La concorrenza tra le tipografie di Giustiniani e Bragadini si dimostrò subito accesa: i due titolari iniziarono a liti­gare su chi avesse il diritto di stampare un’opera di Maimonide. Così, quella che dove va essere una semplice lite commerciale, divenne un processo all’ebraismo e fu chiamata a pronunciarsi sul caso l’autorità ecclesiastica di Roma, dominata dal grande inquisitore Carafa, il futuro papa Paolo IV. Iniziò un processo al contenuto dei testi ebraici e in particolare ai due Talmúd, babilonese e palestinese. Entrambi furono messi all’indice come blasfemi. Nel 1553 una Bolla di papa Giulio III impose la distru­zione di ogni copia di Talmúd. In pochi anni furono bruciati libri ebraici nelle piazze di Roma, Bologna, Venezia, Ancona, Ferrara, Ravenna, Mantova. Nel 1559 nella sola Cremona furono dati alle fiamme die­cimila volumi ebraici. Solo le località del Ducato di Milano e del Monferrato non conobbero queste violenze. Dopo alcuni anni la stampa di testi ebraici riprese a Ferrara (con Abraham Usque), a Sabbioneta (con Tobia Foa), a Mantova e Cremona, a Riva di Trento (per opera del cardinale Cristoforo Mandruzzo). Ogni nuova pubblicazione fu soggetta a censura preventiva della Chiesa, che  cancellava le parti ritenute offensive per il cri­stianesimo. Questa pratica durò per oltre trecento anni. Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento furono ristampate molte delle opere distrutte, con l’eccezione del Talmúd. Tra roghi e censura, la tipografia ebraica italiana perse l’egemonia che aveva avuto per circa un secolo e fu sostitui­ta da quella olandese. Non scomparve del tutto e continuò per tutto il Settecento. La tradizione rimase anche dopo l’emancipazione (fine Ottocento), quando alcune famiglie ebraiche fondarono tipografie e case editrici.

 

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